ECCE HOMo
Liturgia profana
2019
ideazione e regia Daniele Menghini
tutor drammaturgia Tatiana Olear
tutor coreografia Ariella Vidach
video e sound design Fabio Brusadin e Manuel Renga
con il terso corso danzatori della Civica Scuola Paolo Grassi Emilio Bagnasco, Livia Bartolucci, Alice Corio, Elisabetta Da Rold, Niccolò Giorgini, Gianmaria Girotto, Simone Mazzanti, Francesca Rinaldi,
Pablo Ezequiel Rizzo, Bruna Romano
“Poiché prevedo che fra breve dovrò presentarmi all’umanità col più grave problema che le sia mai stato posto, mi pare indispensabile ch’io dica chi sono.”
Friedrich Nietzsche
Col primo vagito si spezza un incanto. Quello che unisce la madre al figlio.
La carne abbandona la carne, in un palpito di autodeterminazione doloroso ma necessario.
Un esilio forzato in cui la carne -ormai sola- comincia a mordere e a reclamare altra carne, stretta in una morsa ossessiva e sublime.
Quella lotta intestina -universale ed eterna- che la carne muove contro se stessa, che trova nell’Ernesto di Saba la sua espressione più viscerale e innocente. Ernesto è un martire contemporaneo, vittima sacrificale della sua giovane età, della sua bellezza, della sua natura. Vittima del mondo che l’ha generato a sua immagine e somiglianza, ma a cui non appartiene, che percepisce come matrigna e non come madre.
Quella a cui assistiamo è una liturgia clandestina di iniziazione.
Perché arriva il giorno in cui l’umanità vuole sapere chi sei, anche quando ancora non lo sai. Quel giorno in cui la folla ti chiede di fare come Pilato: mettere a nudo quel Cristo flagellato che hai dentro e darlo in pasto al furore di chi pretende di vedere cosa ha generato.
Un esercito di madri fameliche al capezzale di un incubatrice.
Ecce Homo è una performance multimediale sviluppata attorno ad alcune suggestioni tratte da Ernesto, l'unico romanzo di Umberto Saba, scritto nel 1953, rimasto incompiuto e pubblicato postumo nel 1975.
L’operazione vede coinvolto un collettivo di dieci danzatori che interagisce con un dispositivo scenico in cui la macchina teatrale è completamente deliberata, e l’azione – che acquista una sua natura rituale – è calata in una dimensione fortemente evocativa.
Ad essere invocati – all’interno di questa liturgia dell’iniziazione - sono i fantasmi di un giovane alle prese con la tempesta che precede l’età adulta, chiamato a fare i conti con la propria identità, con un corpo che non risponde come dovrebbe, con la carne che comincia a reclamare altra carne. Inevitabilmente.
È sul dramma privatissimo e intimo di questo adolescente di fine Ottocento che ci affacciamo, solo per vedere riflessa quella lotta contemporanea – ma forse meglio dire “eterna” – che ognuno di noi è chiamato a combattere per autoaffermare la propria identità, dentro (o fuori) dagli schemi e dalle regole convenzionali della morale comune.
Una partitura per corpi e suoni caratterizzata dalla compresenza e dall’interazione di più linguaggi: da una parte il video, a cui è affidata parte della drammaturgia visiva (attraverso una selezione di dettagli pittorici – deformati e smembrati – appartenenti all’iconografia cristiana), dall’altra il corpo del performer che è immerso nell’immagine e ne diventa estensione. Un dispositivo che diventa soggettiva del protagonista anche dal punto di vista sonoro: la musica barocca fa da contraltare a suoni elettronici distorti, creando un ambiente acustico che è espressione esatta di un conflitto aperto e irrisolto.
Un “oratorio” profano in cui riecheggiano – anche solo nei gesti (che rendono omaggio al Tanztheater della Bausch e al mondo onirico di Papaioannou) – i tormenti di un vecchio Saba, ma anche di un giovane Petrarca, di Michelangelo, Tasso, Pasolini, Nietzsche, Mishima, Huysmans.
Un rito iniziatico della propria identità, del “chi sono”.
Cristo o Dioniso?